Plaza Mayor n° 6, Soria, España

Archivos mensuales: julio 2011

11 07, 2011

ORDEN DE CABALLEROS TEUTÓNICOS DE SANTA MARÍA.

Por |2020-11-13T03:47:54+01:00lunes, julio 11, 2011|

Primera Parte.
El origen de esta Orden data de 1128 cuando un rico mercader comerciante alemán fundó en Jerusalén un hospital. Posteriormente, el Duque Federico de Suabia erige esta asociación hospitalaria en orden militar y religiosa, seguidamente reconocida por Inocencio III (1198).
La Orden de Caballeros Teutónicos de Santa María es la gran desconocida en España de entre las grandes órdenes militares, nacidas para la defensa de los Santos Lugares.
Hoy día la orden es estrictamente religiosa, católica y romana. Pablo VI restableció en 1965 la rama de los “Familiares”, retomando los laicos sus actividades en el seno de la Orden.
A fin de ilustrar con rigor a nuestros lectores sobre esta gran desconocida, vamos a ir reproduciendo en diferentes entradas la historia, el gobierno, los miembros, el papel jugado por los “familiares” y toda la actualidad tan rica y variada de esta orden en nuestros días.
La mejor información y documentación que hemos encontrado sobre es la publicada en la página Web oficial de la Commenda Autonoma di Santa Maria degli Alemanni in Piazza Armerina, Italia, fundada el 8 de diciembre 2010. Nuestro buen amigo, y Caballero Honorario de esta Casa Troncal, el Honorable Señor Pino Zingale es su Comendador.
Hemos respetado el idioma original, privilegiando que las publicaciones del Blog se hagan en diferentes lenguas europeas.
Prime vestigia dell’Ordine Teutonico in oriente (1099-1143).
Secondo un’antica tradizione, nel 1099, anno della presa di Gerusalemme, un cavaliere tedesco gravemente ferito durante i combattimenti sarebbe stato soccorso e curato da una coppia di pellegrini, anch’essi tedeschi, probabilmente mercanti provenienti da Brema o da Lubecca. I due pellegrini avrebbero deciso di continuare stabilmente in quell’attività caritativa, ricevendo l’approvazione del Patriarca di Gerusalemme, Stefano.
Da qui la nascita di un piccolo ospedale, affiancato da una foresteria, posti entrambi sotto la protezione della Vergine Maria, con lo scopo di dedicarsi in particolare, ma non solo, alla cura e al sollievo dei pellegrini tedeschi. Alla loro morte, attorno al 1118, i due pellegrini avrebbero lasciato in eredità tutto il patrimonio a beneficio di quel piccolo ospedale, in cui nel frattempo iniziarono a prestare la loro opera dei frati. Questo prese il nome di Ospedale di Santa Maria dei Tedeschi (o degli Alemanni o dei Teutonici) di Gerusalemme.


Ruderi dell´Ospedale Teutonico di Gerusalemme.

 
Il 9 dicembre 1143, Papa Celestino II poneva l’Ospedale sotto l’autorità dell’Ordine degli Ospedalieri di San Giovanni stabilendo, però, che il piccolo Ospedale dovesse essere retto da un priore che conoscesse la lingua tedesca. Tale circostanza non risulta, tuttavia, direttamente documentata, ma è riferita come contenuta in un documento citato dal papa Gregorio IX nella bolla “Ex parte dilectorum” del 17 agosto 1229.
Il piccolo ospedale entrò allora a far parte dell’Ordine degli Ospedalieri di San Giovanni, quest’ultimo fondato a Gerusalemme prima del 1070, anch’esso con lo scopo di aiutare i pellegrini in difficoltà e che, a partire dal 1137, su imitazione dei Templari, si era riorganizzato su base militare, senza mai trascurare, però, l’attività caritativa. L’aggregazione agli Ospedalieri fu giustificata dalla vocazione internazionale di questi ultimi, che divisi al loro interno in “nazioni” o
La II (1147-1148) e la III crociata (1189-1191) e la nascita dei Teutonici (1190).
Se in un primo tempo la presenza tedesca in Terrasanta fu marginale, con la II crociata del 1147-1148, numerosi pellegrini e crociati germanici giunsero in Palestina al seguito dell’imperatore Corrado III di Svevia.
Il 30 settembre 1187 Saladino, dopo la vittoria di Hattin, riusciva a conquistare Gerusalemme ed i fratelli dell’Ospedale di Santa Maria – così come gli Ospedalieri e i Templari – dovettero abbandonare la città santa, trasferendosi in uno dei centri costieri ancora sotto controllo cristiano.
Sull’onda della caduta di Gerusalemme, sotto il pontificato di Clemente III (1187-1191), fu organizzata una nuova crociata, la III, cui parteciparono i sovrani più potenti della Cristianità.
In quell’occasione il figlio cadetto dell’imperatore Federico Barbarossa, Federico, assunse il comando delle truppe imperiali alla morte del padre, conducendo quel che rimaneva dell’esercito imperiale sotto le mura di Acri, conquistata dal Saladino e assediata dai cristiani, ove nel frattempo era sbarcata un’altra spedizione formata da tedeschi, guidati da Adolfo di Holstein.

L´Imperatore Federico Barbarossa.
L’assedio di Acri si protrasse dall’agosto del 1189 fino al luglio del 1191, e durante le fasi della guerra, precisamente verso la metà del 1190 (e questa viene considerata la data di nascita ufficiale dell’Ordine), venne costruito da alcuni mercanti tedeschi un ospedale da campo, cui il Re di Gerusalemme, Guido di Lusignano, concesse il privilegio, in caso di riconquista della città, di poterne costruire uno in muratura al suo interno. Anche questo nuovo ospedale, alla cui guida fu posto il “maestro” Sibrand”, prese il nome di Santa Maria dei Tedeschi di Gerusalemme.
Federico di Svevia accordò subito la sua protezione all’ospedale che, dopo la conquista di Acri, l’11 luglio 1191, fu trasferito all’interno delle mura non lontano dalla residenza del Patriarca.
L’esperimento ungherese (1211-1225).
Durante il lungo e prestigioso magistero di Hermann von Salza, l’attenzione dei teutonici si era già spostata verso altre regioni diverse da quelle del Mediterraneo, che in una sorta di Jalta del Medioevo ai Gioanniti veniva lasciata come zona di influenza diretta, per riservare ai Teutonici quella dell’Europa centro-orientale ed ai Templari quella dell’Europa centro-occidentale (e, per questi ultimi, con l’esito tragico che tutti conosciamo).
Così nel 1211 il Re d’Ungheria Andrea II (1205-1235) che aveva partecipato alla V Crociata e aveva avuto modo di apprezzare le capacita politico-militari dell’Ordine, decise di invitare i Teutonici a colonizzare una regione della Transilvania detta in tedesco Burzenland, territorio di confine semidisabitato e infestato dalla popolazione pagana dei Cumani, abitanti attorno al corso del basso Danubio.
In base al decreto reale l’Ordine riceveva in proprietà libera e perpetua un territorio di circa 1500 Km², con una totale autonomia politica, giudiziaria ed economica; a ciò si aggiunga anche un’ampia autonomia in campo ecclesiastico.

Manoscritto Medievale alla cui sommita si trovano le figure di Andrea II  d´Ungheria ( a destra) e di sua moglie ( a sinistra).
Le crociate del Nord prima dell’arrivo dell’Ordine Teutonico (1149-1230).
Fu nel corso dell’inverno 1225-1226 che una delegazione, guidata dal Vescovo di Prussia Christian, incontrò in Italia Hermann von Salza e chiese all’Ordine, in nome del Duca polacco Corrado di Mazovia, di venirgli in soccorso contro le incursioni delle popolazioni pagane, promettendo ai Teutonici un vasto territorio e la possibilità di insediarsi in quelli conquistati.
I prussiani erano impermeabili al cattolicesimo e continuavano ad infestare la Mazovia, retta dal Duca Corrado. Questi tentò la via pacifica per l’evangelizzazione.
La maggior parte dei prussiani, comunque, rimaneva ostile al Cristianesimo, il che spinse il Duca Corrado a fondare un ordine militare che difendesse la turbolenta regione.
I Prussiani, nonostante queste misure, continuarono nelle loro scorrerie devastatrici e, nel 1225, sconfissero pesantemente i Cavalieri a Strassburg.

Duca Corrado I di Mazovia.
Quando nell’inverno 1225-1226 i rappresentanti del Duca di Mazovia e il vescovo Christian di Prussia incontrarono in Italia Hermann von Salza, rimanevano ostili al cristianesimo i prussiani orientali e i lituani, che occupavano la costa baltica, isolando così i territori di recente cristianizzazione più settentrionali della Livonia, Lettonia ed Estonia.
Von Salza, già divenuto Principe dell’Impero, incoraggiato anche dall’Imperatore e da Papa Onorio III accettò l’offerta del Duca polacco.
Il trattato definitivo tra il Gran Maestro e il Duca di Mazovia fu siglato a Kuschwitz il 30 giugno 1230 e nel marzo 1231 con il trattato di Rubenicht si giunse ad un accordo anche con il Vescovo Christian di Prussia, che rinunciò ad ogni pretesa sui possedimenti del Kulmerland e cedette un terzo della Prussia all’Ordine.
A partire dal 1230 intanto cominciarono a giungere in Prussia i primi cavalieri, guidati da Hermann Balk, nominato Landmeister di Prussia.
Nella primavera del 1231 Balk con le sue truppe, un migliaio di uomini circa, passò la Vistola e cominciò ad attaccare sistematicamente i Prussiani.
La conquista della Prussia (1231-1283).
Balk, dopo i primi successi, iniziò la costruzione di un nuovo forte, sulla riva destra della Vistola, cui diede il nome di Torun, in omaggio alla fortezza palestinese di Toron posseduta dall’Ordine.
Toron divenne una città, la prima grande città fortificata costruita dall’Ordine in Prussia, cui affluirono molti coloni provenienti dalla Germania del Nord e dalla Boemia, mentre i pagani cercavano con frequenti attacchi di impedire l’insediamento stabile dell’Ordine.
A partire dal 1232 Balk cominciò il rastrellamento sistematico del Kulmerland. Fondò la città di Kulm (Chelmno) con la tipologia classica delle città-fortezze dell’Ordine: una pianta a scacchiera dominata da un terrapieno sormontato da un castello. Ai coloni che abitarono queste due città, fu imposto un servizio militare permanente.

Torre di Mestwin (Wieza Mestwina).
Ex torre di guarda dell´Ordine Teutonico, considerato il piu antico edificio de Chelmno.
Al momento della morte del Von Salza, nel 1236 i Teutonici controllavano ormai tutto il Kulmerland, la Pomesania e la Pogesania.
Il metodo, proseguito dai Gran Maestri successori di Von Salza, fu sempre lo stesso. Dopo aver sconfitto i pagani, si chiedeva la loro sottomissione e la conversione, poi era subito edificata nel territorio conquistato una fortezza, attorno alla quale si sviluppava in seguito una città, ove affluivano i coloni tedeschi che si mescolavano con la popolazione locale. Nacquero così, tra gli altri, i castelli di Kreuzburg (Città della croce), Heilsberg (Monte santo).
I Portaspada si uniscono all’Ordine Teutonico (1236).
Nel 1236 i cavalieri Portaspada vengono incorporati dai Teutonici per decreto del Papa Gregorio IX, insieme ai loro beni.

Scudo dei Cavalieri Portaspada.
Nel 1241 l’Ordine Teutonico partecipò massicciamente alla sfortunata battaglia di Liegnitz (Legnice) nella Slesia, ove, assieme alle truppe del Duca di Slesia, Enrico il Pio e del Duca di Polonia, Boleslao, si tentò di contrastare il passo ai mongoli dell’Orda d’oro. Le truppe cristiane furono massacrate, ma anche i mongoli subirono gravi perdite e così decisero di interrompere la marcia verso occidente, e dopo aver devastato l’Ungheria ritornarono all’Est.
Il debito che l’intera cristianità ed il mondo civile occidentale devono ai Teutonici per tale gesto – che ha mutato il corso della storia, alla pari della mitica battaglia di Lepanto – non è mai stato sufficientemente apprezzato e onorato.
I Prussiani, intanto, approfittando dell’assenza della maggior parte dei cavalieri, impegnati contro i mongoli, si ribellarono, istigati dal Duca cattolico della Pomerelia (Pomerania Orientale) Swantopolk. Gran parte delle fortezze dell’Ordine cadde nelle mani dei ribelli. Il Papa lanciò allora la crociata, ma si continuò a combattere fino al 24 novembre 1248, quando il Duca, principale sostenitore dei rivoltosi, s’impegnò a rinunciare a qualsiasi alleanza con i prussiani.
Il Trattato di Christburg (1249).
L’anno successivo, il 7 febbraio 1249, fu stipulato il trattato di Christburg, che riguardava la condizione delle popolazioni sottomesse, a patto che si fossero convertite.
L’Ordine riconosceva ai sudditi prussiani la libertà personale, il diritto di acquistare, vendere e lasciare in eredità agli eredi diretti le proprietà; il diritto di stare in giudizio, di contrarre matrimonio, di entrare a far parte del clero e dell’Ordine Teutonico, a patto d’essere d’antica nobiltà.
Dovevano rinunciare tassativamente alle usanze pagane, e cioè: poligamia, cremazione dei morti, sacrifici umani, culto degli idoli, e osservare la disciplina ecclesiastica in materia di festività e di battesimo. Dovevano pagare le decime all’Ordine, e prestare determinati servizi di natura militare.
L’Ordine aveva ormai consolidato, così, la propria natura di soggetto sovrano e le proprie caratteristiche para-statuali, precorrendo, in termini assai più complessi e strutturati, quello che sarebbe stato, poi, il prototipo seguito dal gemello Ordine di Malta.

L’Ordine e la Lituania.
La Lituania, però, era rimasta del tutto impermeabile e refrattaria al cattolicesimo e continuava a sobillare i popoli della Livonia contro l’Ordine. ì
I Teutonici cercarono allora di applicare anche contro i Lituani la tattica con cui avevano sottomesso gran parte della Prussia. Conquistavano un territorio e vi costruivano una fortezza facendovi affluire coloni cattolici, soprattutto tedeschi.
Il capo supremo dei Lituani, il principe Mindaugas, temendo di dover subire una crociata, nel 1251 accettò il battesimo, e l’anno seguente fu solennemente incoronato Granduca di Lituania dal Vescovo di Kulm. In questo modo, divenuta la Lituania (formalmente) uno stato cattolico, cadeva la possibilità di indire la crociata.

Il Principe Mindaugas Granduca de Lituania.
Nel 1259 l’Ordine dovette affrontare la ripresa delle ostilità da parte dei Lituani, i quali, l’anno successivo, a Durben, il 13 luglio 1260, inflissero ai crociati una pesante sconfitta. La rivolta, istigata segretamente dallo stesso Granduca di Lituania, si estese anche alla Prussia, dove le chiese furono distrutte e i coloni cattolici messi a morte. Anche i nobili prussiani che l’Ordine aveva fatto istruire in Germania, diedero man forte alla ribellione, che si estese così a tutto il paese eccetto il Kulmerland e la Pomesania. Mindaugas, gettata la maschera, si unì agl’insorti e invase la Mazovia polacca, dove nel gennaio del 1261 inflisse una dura sconfitta ai Teutonici, mentre tutte le più importanti piazzeforti della Prussia venivano assediate. Si ebbe allora una lunga e sfibrante guerra strisciante, ove le vittorie si succedevano alle sconfitte e la riconquista del territorio avveniva lentamente e faticosamente, tramite la costruzione di numerosi forti.
Nel 1271 Dietrich von Gadersleben divenne maestro dell’Ordine in Prussia, ove nei due anni seguenti riuscì a ristabilire l’autorità dell’Ordine. Nel 1274 la Prussia era completamente pacificata.
(Continuará en próximas entregas)
10 07, 2011

HISTORIA RECIENTE DEL CARLISMO: 1939-2010.

Por |2020-11-13T03:47:54+01:00domingo, julio 10, 2011|

Este es el título de un libro que nos remite su autor, recién salido de la imprenta, y que trata de un tema que, pese al transcurso de los años, aún sigue interesando a gran número de españoles.
Miguel Dongil y Sánchez, su autor, Licenciado con grado en Historia y escritor, nos presenta el Carlismo como un movimiento político, dinástico y cultural, pero resaltando que ha sido uno de los grandes movimientos olvidados. Muchos españoles-afirma el autor- conocen sólo muy vagamente el devenir de este movimiento desde la salida de la Guerra Civil hasta la actualidad.
Monarquía Tradicional, Socialismo Autogestionario, Partido Carlista, Comunión Tradicionalista Carlista, Montejurra, el Museo Carlista de Estella, son algunos de los múltiples temas y conceptos que jalonan la historia más reciente de uno de los movimientos políticos más antiguos de Europa y más tradicional y revolucionario en sus postulados, al mismo tiempo.
En suma, hablar de la historia de los seguidores de la dinastía carlista, desde Alfonso Carlos a Carlos Javier, actual Duque de Parma, heredero de Don Carlos Hugo, y de las múltiples empresas políticas, sociales y culturales que llevaron a efecto, fue el objetivo que se fijó el autor en el presente libro, narrando lo que él considera el final de la Historia del Carlismo, que, según su versión, no ha sido contada por completo, hasta ahora.
El libro que presentamos, fuera del circuito de las grandes librerías comerciales, no por ello está exento de un importante valor histórico por las aportaciones tan interesantes que efectúa sobre este movimiento sociopolítico que, pese a todos los pesares, sigue presente de una u otra forma en la sociedad española.
Miguel Dongil y Sánchez, autor del libro.
Editado en 2011 por Editorial Bubok S.L., recomendamos vivamente su lectura a los interesados en este complejo fenómeno que constituye el Carlismo, su Dinastía y sus seguidores.
9 07, 2011

CHILE: Protocolo de Naciones Soberanas.

Por |2020-11-13T03:47:55+01:00sábado, julio 9, 2011|

Por Victor A. García Guardia.
Escudo cartelado cortado bordado de oro, azur sobre gules. Al centro, una estrella republicana de plata. En el timbre, un burelete de plata del cual emergen tres plumas de azur, plata y gules (los colores emblemáticos de la nación). El escudo está soportado por un huemul (mamífero endémico de Los Andes Chilenos) y un cóndor; ambos ciñendo coronas murales (un antiguo reconocimiento romano a aquellos que primero asaltaban exitosamente las murallas enemigas). Al pie unos arabescos de oro, y sobre los arabescos una banda flotante de plata que en letras de sable reza el lema nacional “POR LA RAZÓN O POR LA FUERZA”.
Escudo oficialmente adoptado el 24 de junio de 1834.
Himno oficialmente adoptado el 27 de junio de 1941.
Proporción de la bandera: 2/3.
Sobre un campo cortado, plata sobre gules, un cantón de azur con una estrella republicana de plata en su centro. Los tres colores simbolizan los tres poderes del Estado, y también aluden a: Azur (el cielo y el Océano Pacífico que recorre todo su litoral); Plata (las cumbres nevadas de Los Andes), y; Gules (La sangre derramada por las luchas independentistas).
Bandera oficialmente adoptada el 18 de octubre de 1817.
ORDEN AL MÉRITO DE CHILE.
Se concede a: Ciudadanos extranjeros, como premio por servicios civiles prestados a la Nación.
Condecoración:Estrella Republicana de plata, con puntas rematadas en esferas de oro. Al centro un disco de oro con un bajorrelieve de una mujer,  rodeado del nombre oficial del país. La estrella está rodeada de una guirnalda de laurel de oro, y se engasta a los pies de un cóndor.
Grados: Gran Collar, Gran Cruz, Gran Oficial, Comendador, Oficial y Caballero.
Condecoración oficialmente adoptada el 1° de junio de 1817.
Nombre: Miguel Juan Sebastián Piñera Echenique.
Protocolar: Sr. Presidente.
Fecha de Nacimiento: 1° de diciembre de 1949.
Lugar de Nacimiento: Santiago de Chile.
Juramentado el 11 de marzo de 2011.
Título(s): Presidente de la República y Comandante en Jefe de las Fuerzas Armadas.
8 07, 2011

NOBILTÁ.

Por |2014-07-27T19:11:39+01:00viernes, julio 8, 2011|

Revista di Araldica, Genealogia,Ordini Cavallereschi.
Hemos recibido hace unos días el número 101 de la prestigiosa revista italiana de Heráldica, Genealogía y Órdenes Caballerescas “NOBILTÁ”, publicada por la Asociación “Famiglie Storiche d’Italia, Instituto Araldico Genealógico Italiano, y la Federazione delle Asociazioni di Genealogia, Storia di Famiglia, Araldica e Scienze Documentarie».
La revista está dirigida por el reconocido estudioso de las disciplinas heráldicas, genealógicas y nobiliarias, el Dr. Pier Felice degli Uberti.
Pulcramente editada, y con numerosas ilustraciones heráldicas en color, algunas de las cuales reproducimos, contiene interesantes artículos tales como:
-I manoscritii araldici Nobilissima Accademia degli detta del Porto di Bologna, de Silvia Neri.
-Gli albori del Risorgimento nel pensiero italiano del Settecento per un centocinquantenario da ricordare con obiettivitá, de Enzo Capasso Torre.
-La significativa esperienza diplomática di monsignor Francesco Colasuomo fino alla porpora cardinalizia nel 1998, de Giobanni Battista Cersósimo.
-La reppresentanza del Re di Spagna nella cittá di Bologna: il barone Giuseppe Cappelletti., de Carlos Nieto Sánchez.
Recorriendo sus páginas nos encontramos con la sorpresa de ver reproducido íntegramente, bajo la rúbrica Diritto Araldico Nobiliare, el artículo del Presidente de la Diputación de Linajes de esta Casa Troncal, el Dr. Francisco M. de las Heras y Borrero, “La República Monacal del Monte Athos, ¿Un Ente Soberano?”, que ya fue publicado en su día en este mismo Blog.
Con satisfacción constatamos cómo cada vez son más apreciadas, por el público especializado en las disciplinas de nuestra devoción, los artículos y colaboraciones que venimos ofreciendo a nuestros lectores y amigos.
La reproducción del mencionado artículo en tan prestigiosa revista es una indudable prueba de lo que decimos.
7 07, 2011

ADIOS AL ÚLTIMO GRAN PRÍNCIPE DE OCCIDENTE. OTTO DE HABSBURGO, LA MEMORIA DE EUROPA.

Por |2020-11-13T03:47:55+01:00jueves, julio 7, 2011|

Por el Dr. Francisco M. de las Heras y Borrero, Presidente de la Diputación de Linajes de esta Casa Troncal.
El pasado 4 de julio de 2011, nos ha dejado el Archiduque Otto, o mejor, el Dr. Otto de Habsburgo como a él le gustaba ser presentado en los ambientes políticos y diplomáticos. Con él desaparece el último gran Príncipe de Occidente. Testigo y memoria de la construcción europea, supo compaginar sus responsabilidades de heredero de una dinastía milenaria con el trabajo y compromiso a favor de una Europa solidaria, prospera y en paz.
Armas del Imperio Austro-Húngaro.
Francisco José Otón Roberto María Antonio Carlos Maximiliano Enrique Sixto Javier Félix Renato Luis Cayetano Pío Ignacio de Habsburgo-Lorena y Borbón Parma, Príncipe Imperial, Archiduque de Austria, Príncipe Real de Hungría y de Bohemia, hijo primogénito de Carlos I de Austria y IV de Hungría, último Emperador de Austria y Rey de Hungría, y de su esposa Zita de Borbón-Parma, había nacido en la Villa Wartholz, Baja Austria, el 20 de noviembre de 1912, y falleció en su casa de Pöcking, Baviera, Alemania, el 4 de julio de 2011. Tenía 98 años.
Los Emperadores Carlos y Zita, padres del Archiduque Otto.
Tras la caída del imperio austro-húngaro, derrotado en la Primera Guerra Mundial, los Habsburgo vivieron exiliados en Suiza y en la isla portuguesa de Madeira, donde su padre Carlos falleció en el año 1922, lo que hizo a Otón heredero del trono a la edad de 10 años. Tras la muerte del Emperador, y con el apoyo del rey Alfonso XIII, la familia imperial se traslada al País Vasco, residiendo en una villa de Lequeitio. La Emperatriz Zita de Borbón Parma, sus ocho hijos, incluido Otto, y la archiduquesa María Teresa residieron en la villa costera desde agosto de 1922 hasta la proclamación de la Segunda República Española en 1931.
Emperador Carlos I de Austria y Rey de Hungría.
Otto volvió a Lequeitio con ocasión de su luna de miel y también en 2004, alojándose, junto con toda su familia, en el hotel que lleva el nombre de su madre, Emperatriz Zita, ubicado en el mismo sitio en el que estuvo el palacio que les acogió en 1922.
El archiduque Otto tuvo que huir con su familia al comienzo de la ofensiva de Hitler en 1940. Hitler detestaba a Otto y a los Habsburgo, desde 1938, por su oposición manifiesta, activa y pública al Anschluss. Gracias al cónsul portugués en Burdeos, Arístides de Sousa Mendes, los Habsburgo obtienen los visados para pasar la frontera franco-española y a continuación dejar Europa para refugiarse en EEUU e instalarse en Washington.
Emperador Carlos y Otto.
Otto contrajo matrimonio el 10 de mayo de 1951 con la Princesa Regina de Sajonia-Hildburghausen y Meiningen, nacida en Würzburgn, Alemania , el 6 de enero de 1925 y fallecida hace un año y medio, el 2 de febrero de 2010. La boda se celebró en la Iglesia de los Franciscanos de Nancy (Francia), con la bendición del Papa Pío XII.
El Archiduque Otto y La Princesa Regina.
Los archiduques Otto y Regina tuvieron siete hijos:
-Andrea, archiduquesa de Austria (1953). Casada con Karl Eugen, conde de Neipperg, con quien tuvo 5 hijos.
-Mónica, archiduquesa de Austria (1954). Casada con Luis María Gonzaga de Casanova-Cárdenas y Barón, duque de Santángelo, marqués de Elche, duque de Maqueda con Grandeza de España, conde de Lodosa, descendiente de la Infanta Luisa Teresa de Borbón, Duquesa de Sessa y hermana del rey Francisco de Asís de Borbón, consorte de Isabel II. Trajeron al mundo cuatro hijos varones.
-Micaela, archiduquesa de Austria (1954). Hermana gemela de la anterior. Casada en primeras nupcias con Eric Alba Terán d’Antin, con quien ha tenido tres hijos; y en segundas nupcias, con el conde de Hubertus Kageneck, del que no ha tenido descendencia.
– Gabriela, archiduquesa de Austria (1956). Casada en 1978 con Christian Meister.
-Walburga, archiduquesa de Austria (1958). Casada con el Conde Archibald Douglas, perteneciente la nobleza sueca, con quien tiene un hijo, Moritz.
-Archiduque Carlos de Austria ( 1961), el heredero de los derechos dinásticos, se casó con Francesca Thyssen-Bornemisza, hija del barón Hans Heinrich von Thyssen-Bornemisza en 1993, de la que tuvo a Leonor, Fernando y Gloria.
-Archiduque Jorge de Austria (1964). Casado con la duquesa Eilika de Oldenburgo. Tuvieron a Zsófia, Ildikó y Károly-Konstantin.
El Archiduque Carlos, su esposa Francesca y los Príncipes Leonor y Fernando.
Titulado por la universidad belga de Lovaina en ciencias sociales y políticas, Otto de Habsburgo, europeísta convencido, fue durante muchos años miembro del Parlamento Europeo por el partido Unión Social Cristiana de Baviera y presidente de la Unión Paneuropea Internacional, de la que había sido su fundador. Personaje muy popular en el Parlamento, tuve la oportunidad de saludarlo en diversas ocasiones en dicho organismo. Ostentó las ciudadanías austríaca, húngara, alemana y croata.
Otto de Habsburgo recibiendo una condecoración de la Iglesia Católica.
6 07, 2011

ACTO DE CLAUSURA DEL CURSO ACADÉMICO 2010/2011 DE LA ESCUELA MARQUÉS DE AVILÉS.

Por |2020-11-13T03:47:55+01:00miércoles, julio 6, 2011|

Como ya anunciamos en nuestra entrada correspondiente al martes 28 de Junio, ese mismo día tuvo lugar en el Centro Riojano de Madrid, el Acto de Clausura del Curso Académico 2010-2011 de la Escuela Marqués de Avilés, organizado por la Asociación de Diplomados en Genealogía Heráldica y Nobiliaria, cuya Presidenta, doña Elena Fernández del Cerro saludó a los asistentes y dio la palabra al Vicepresidente, don José Luis Sampedro Escolar, quien presentó al orador de la sesión, don Amadeo-Martín Rey y Cabieses, Doctor en Historia, Profesor de Dinastías Reales de dicha Escuela y Académico Correspondiente de la Real y Matritense de Heráldica y Genealogía, cuya disertación se tituló Alfonso XIII, Jorge V y el frustrado rescate de la Familia Imperial Rusa.
El acto estuvo presidido por S.A.R. Don Luis Alfonso de Borbón, Duque de Anjou y Jefe de la Casa Real de Francia, bisnieto primogénito por línea de varón del Rey de España homenajeado en el acto, que fue recibido por el Presidente del Centro Riojano, en cuyo libro de Honor firmó. También estuvieron presentes, entre otras personalidades, S.A.S. la Princesa Benigna Reuss, SS.AA.Ilmas. el Conde Karl Waldburg Zeil, Ministro Consejero de la Soberana Orden Militar de Malta, y la Condesa Sonia Waldburg Zeil, el Embajador don Carlos Abella y Ramallo, Gran Canciller de la Sacra y Militar Orden Constantiniana de San Jorge, el Embajador don Felipe de la Morena, Presidente de la Fundación Hispano-Británica, el Embajador don Luis Sagrera y Martínez-Villasante, el Vizconde de Pegullal, el Conde de Bobadilla, el Barón de Alacuás, el Vizconde de las Torres de Luzón, Presidente del Real Cuerpo de la Nobleza de Madrid, don Francisco de Borja Moyano, don Antonio Pérez de la Mata y Fernández-Castrillón, don Alfredo Gosálvez de la Macorra, don Fernando García Quijano, don José Cinza Rey, don Eduardo García-Menacho y Osset, y un largo etcétera.

Un momento del acto.
De izquierda a Derechas D.José Luis Sampedro Escolar, Dña.Elena Fernandez del Cerro y D.Amadeo Mrtín Rey Cabieses.
Los alumnos que recibieron sus correspondientes diplomas y certificados fueron: D. Jesús María Alonso Uriarte, D. Ignacio Álvarez de Bertrand, Dª. Marta Arenaza González, Dª. Begoña Belda Bartolomé, Dª. Rocío Martínez López, D. Javier Tejero Pérez, Dª. María Rosa Pérez Colón y Dª. Irene Pérez-Castilla Domínguez.
Finalizado el acto, los invitados fueron agasajados con un vino de Rioja ofrecido por el Centro anfitrión, finalizando la jornada con una animada cena.

De izquierda a Derecha: D. Amadeo Martín Rey Cabieses, S.A.S. la Princesa Benigna Reuss, S.A.R. D. Luis Alfonso de Borbón, Dña. Elena Fernández del Cerro y D. José Luis Sampedro Escolar.
5 07, 2011

MEDIEVO.

Por |2020-11-13T03:47:55+01:00martes, julio 5, 2011|

Queremos aprovechar la entrada de hoy para presentar a todos nuestros lectores, una publicación que juzgamos muy interesante para todos los que gustamos  de estas ciencias, artes y tradiciones: «MEDIEVO».
Revista de Historia es una publicación trimestral y gratuita publicada por la Asociación de Divulgación e Investigaciones Históricas (ADIH), compuesta por escritores, profesores, investigadores, catedráticos y, en general, por todas aquellas personas que aman o se interesan por la Historia general de todos los tiempos.
Quienes estén interesados en obtener más detalles sobre la misma, colaborar, asociarse, leer, bajarse la última revista o acceder a las ya publicadas, podrán hacerlo a través del siguiente enlace:  http://www.revistamedievo.com/revista/index.php
4 07, 2011

ESPAÑA Y MÓNACO: CUATRO MOMENTOS HISTÓRICOS (2ª Parte).

Por |2020-11-13T03:47:56+01:00lunes, julio 4, 2011|

Por el Dr.Don Alfonso de Ceballos-Escalera y Gila, Vizconde de Ayala y Marqués de la Floresta.(Universidade Técnica de Lisboa).
Durante el protectorado español, los Grimaldi recibieron de los monarcas españoles varios feudos en Italia, y el reconocimiento del título y dignidad de Príncipes con el tratamiento de alteza serenísima (1612-1614), alcanzando un rango supremo en la corte de Madrid cuando a finales de 1624 el Rey Don Felipe IV otorgó al Príncipe Honorato II (1597-1662) el collar de la Insigne Orden del Toisón de Oro -la más prestigiosa Orden caballeresca de la Europa occidental-, con el que fue investido el 13 de abril de 1625 en la iglesia parroquial de Mónaco, por mano de su tío el Príncipe de Valditaro. Además, su tío Horacio Grimaldi (†1620) fue nombrado, en 1611, gentilhombre de boca de Su Majestad Católica; y pocos años más tarde, en 1629, el hijo y heredero el Príncipe, Hércules Grimaldi, Marqués de Baux (1623-1651), se cruzó como caballero de la Orden Militar de Alcántara.
Armas de los Grimaldi.
A pesar de las penurias de la Hacienda Real española, que fueron causa de muchos retrasos en el abono a los Grimaldi de las cantidades pactadas por Carlos Quinto, el protectorado español sobre Mónaco fue benéfico, y las relaciones entre españoles y monegascos fueron buenas -salvo en el último decenio, es decir a partir de 1630-.
Efectivamente, la decisión del cardenal Richelieu, valido del Rey Luis XIII de Francia, de reanudar la guerra contra el Rey de España, mudó completamente la situación de los monegascos, ya que la guarnición española, amenazada por los franceses, se transformó pronto de aliada y protectora en fuerza de ocupación, ignorando la autoridad del Príncipe reinante Honorato II, que no pudo sufrir con paciencia estos abusos.
Honorato II (1597-1662) suscribió entonces un tratado de alianza secreto con Francia, firmado en Péronne el 14 de septiembre de 1641 – Luis XIII de inmediato le hizo Duque de Valentinois y Par de Francia, y le dio los collares de sus Ordres Royaux du Saint-Esprit et de Saint-Michel-, y dos meses más tarde, en la noche del 17 de noviembre, logró -mediante una estratagema que causó ocho muertos-, la rendición y salida de la guarnición española, que inmediatamente fue sustituida por una fuerza francesa. El escándalo en la corte española fue mayúsculo, y el disgusto no fue menor: considerado traidor al Rey, Honorato II fue privado del collar del Toisón de Oro -que ya había devuelto-, y sus feudos italianos confiscados -el Rey de Francia le compensó largamente de estas pérdidas-. La alianza política y militar con España quedó rota para siempre, y el Rey de España ordenó la conquista de la plaza fuerte de Mónaco, lo que acabó con el exilio del príncipe en París y con la ocupación militar española, que duró hasta la paz de los Pirineos de 1656. Un segundo momento, el más largo y el más denso, de las relaciones entre España y Mónaco.
Luis XIII.
A partir de aquella época, los Príncipes de Mónaco hicieron buenos matrimonios con hijas de la más alta nobleza francesa -Gramont, Lorraine-, que aportaron a la Casa cuantiosos bienes y rentas, y más títulos. En 1688, el Príncipe Luis I de Mónaco logró del Rey Luis XIV de Francia -su padrino de bautismo, por cierto- el definitivo reconocimiento como Príncipe soberano. En 1731 el Principado recayó en mujer, en la persona de Louise-Hyppolite (1697-1731), casada en 1715 con Jacques de Goyon de Matignon (1689-1751), un distinguido noble bretón que hubo de renunciar a que su prole llevase su apellido y armas en beneficio de las de los Grimaldi, para poder suceder en la soberanía monegasca.
Durante los siglos XVII y XVIII, la corte de los Príncipes monegascos se distinguió por su refinamiento y su afición a las bellas artes. Honorato II reunió una importante colección de más de setecientas pinturas -entre las que se contaba incluso una pintura del Tiziano-, y sus sucesores protegieron a muchos músicos. Estas colecciones serán exhibidas al público precisamente a partir del reinado de nuestro biografiado Alberto I, que consideraba les deux forces directrices de la civilisation: l’art et la Science. Al mismo tiempo, los Príncipes monegascos de finales del Seiscientos y de todo el Setecientos se movían en la órbita de la brillantísima corte de Versalles, desempeñando además embajadas y mandos militares por encargo de los Reyes de Francia.
La Revolución francesa, como es natural, causó la desaparición temporal del Principado, anexionado el 15 de febrero de 1793 al territorio de la naciente República francesa dentro del Departamento de los Alpes Marítimos; pero el entonces Príncipe Honorato III (1720-1795), casado con la hija de un Dux de Génova, logró salvar la vida durante el Terror, aunque murió al poco. No tuvo tanta suerte Teresa de Choiseul-Stainville, esposa del Príncipe José de Mónaco, que afrontó bravamente la guillotina en 1794, muy pocas horas antes del golpe de Thermidor, que causó la caída de Robespierre y el fin del Terror.
La Restauración de 1814 restableció el Principado, tal y como existía antes de 1789, mediante el Tratado de París, suscrito en mayo de aquel año; el Príncipe Honorato IV (1758-1819) se encontraba muy enfermo como para gobernarlo, pero había hecho un gran matrimonio con la heredera de los Duques de Mazarino, cuyo título y enorme fortuna quedaron incorporados a la Casa de Mónaco. Su hijo y heredero Honorato V (1778-1841) estuvo al servicio de Napoleón como caballerizo mayor de la Emperatriz Josefina, y fue creado Barón del Imperio; en 1816, a pesar de ser vasallo del Rey de Francia, hizo también pleito homenaje al Rey de Cerdeña y Duque de Saboya por sus feudos de Menton y de Roquebrune, y de hecho Mónaco quedó sujeto a la tutela sardo-piamontesa.
Efectivamente, el segundo Tratado de París, firmado allí en 20 de noviembre de 1815 -tras la definitiva caída de Napoleón, después de los Cien Días-, puso a Mónaco bajo la tutela política y la protección del Rey de Cerdeña, esto es, de los Duques de Saboya, que a partir de 1860 serían ya Reyes de Italia.
Carlos III de Mónaco.
El Príncipe Carlos III de Mónaco (1818-1889), asociado al trono por su padre Florestán I y después reinante desde 1856, hizo gala siempre de una sólida formación política y procuró sustraerse a ese protectorado sardo-piamontés, procurando su independencia y soberanía: por eso fundó en 1858 la Orden de San Carlos, y por eso fomentó la presencia diplomática monegasca en todas partes.
Durante el siglo XIX, Mónaco se fue empobreciendo y su situación económica llegó a ser pésima. El Condado de Niza, secular posesión piamontesa, y las ciudades monegascas de Menton y Roquebrune, pasaron a ser territorio francés en 1860, en virtud del Tratado de Turín y previo el referéndum de sus poblaciones respectivas, dejando al Principado de Mónaco rodeado por todas partes -salvo el de la mar- por territorio francés. Pero, a cambio, el Principado pudo ver reconocidas por Napoleón III sus fronteras y su soberanía. Mediante la bula pontificia Quemadmodum Sollicitus Pastor, el Papa León XIII erigió a Mónaco en diócesis, cuyo primer titular sería monseñor Charles Themet.
A Carlos III se debió también la fundación de Monte-Carlo sobre la explanada vecina al puerto y ciudadela de Mónaco. Fue en 1863 cuando el Príncipe Carlos III llevó a la práctica una feliz iniciativa: la de conceder al empresario Louis Blanc el negocio de la explotación de los baños de mar -que por entonces comenzaban a ponerse de moda en toda Europa como remedio de salud- y la licencia para establecer un casino de juego. La oposición del Gobierno francés hubo de ceder ante la amenaza del Príncipe de abdicar en favor de su primo, el germano Duque de Urach. Nacieron así la célebre Societé des Bains de Mer y el aún más famoso Casino, pronto rodeado de la nueva población de Monte-Carlo, que enriquecieron al Principado y le dieron la fama universal de la que goza todavía hoy.
Casino de Monte-Carlo en la actualidad.
De aquel Príncipe Carlos III fue hijo y heredero Alberto I, el Príncipe del Mar (1848-1922), cuya figura es una de las más interesantes y atractivas no sólo de la historia monegasca, sino del patrimonio histórico y científico de toda Europa. Ciertamente, Alberto I fue un hombre pleno, un humanista y un científico de primerísima fila, cuyos legados espiritual y científico trascienden a la época en que le tocó vivir, y uno de los pocos príncipes y gobernantes que han logrado proporcionar a la sociedad mucho más de lo que desde su cuna recibieron. Alberto I de Mónaco dedicó toda su vida al estudio del mar, y se le considera el padre de la moderna Oceanografía. Sus campañas a bordo de sus propios buques significaron enormes y decisivos avances en la investigación científica y en la difusión de los logros obtenidos. Pero a esta vasta labor científica en el ámbito marino se sumaron otras, no menores, en los ámbitos de la Paleontología y de la Antropología. Finalmente, Alberto Grimaldi fue una persona de carácter notable, y un gobernante moderno y renovador, un liberal convencido, que dio a Mónaco su primera Constitución política, y que luchó por la paz y la concordia en toda Europa, promoviendo y manteniendo el Institut International de la Paix.
Y, sin embargo de tantos merecimientos, este gran hombre, en el pleno y merecido sentido del término, es apenas conocido en España, que fue precisamente en donde se formó como marino -a bordo de los buques de la Armada Española-, y en donde realizó buena parte de sus campañas oceanográficas, en particular la última, a bordo del Giralda (1920). Y a su voluntad se debió la fundación, en 1914, del Instituto Español de Oceanografía, que tantísimos buenos frutos ha proporcionado a España, y que hoy en día, a las puertas ya de su centenario, continúa dándolos.

Alberto I.
Ciertamente, desde muy joven, Alberto Grimaldi se sintió atraído por la mar, y fue su tenacidad la que le permitió convencer a su padre, el Príncipe Carlos III, de que esa afición no era ni una veleidad pasajera ni un capricho de adolescente. En 1865 este jovencísimo Duque de Valentinois fue admitido en la Escuela Naval Imperial gala, ubicada en el puerto bretón de Lorient. Pero las circunstancias políticas del Principado, en sus relaciones con el Imperio francés, hacían aconsejable que el heredero monegasco no se formase en la Marina francesa. Estas circunstancias obligaron a buscar otra escuela, y resultó escogida la Armada Española. Y la real orden de 4 de febrero de 1866, dirigida por el ministro de Marina al ministro de Estado, le informaba de que Atendiendo gustosa la Reina (q. D. g.) a los deseos expresados por S.A. Real (sic) el Príncipe Alberto Honorio Carlos, heredero de Mónaco, Duque de Valentinois, se ha servido concederle el empleo de Alférez de Navío de la Armada Nacional, disponiendo al mismo tiempo que el nombre de S.A. figure en el escalafón respectivo desde la fecha de esta concesión. Por cierto que en la patente de tal alférez de navío se hizo constar Sermo. Sr. Príncipe Alberto Honorato Carlos, Heredero de Mónaco, Duque de Valentinois, Grande de España de 1ª clase.

Fragata Tetuán.
El Duque de Valentinois sirvió desde entonces en la moderna fragata Tetuán, siendo su padrino -o sea, preceptor y tutor- el teniente de navío don Simón Manzanos y Sáenz, que enseguida se puso manos a la obra para la elaboración de un plan de estudios cuyo objetivo consistía en que Su Alteza se integrara con rapidez en los usos y normas de nuestra Armada: instrucción militar, instrucción marinera, e instrucción facultativa o científica. A bordo de la Tetuán, Su Alteza navegó durante aquel año de Cádiz a La Habana y vuelta (julio-agosto); de Cádiz a Vigo (agosto); de Vigo a La Habana y vuelta (septiembre); y de Vigo a Cádiz (octubre). Ya en 1866 fue destinado al Apostadero de La Habana, y embarcó allí en el vapor de guerra Hernán Cortés, realizando a su bordo una campaña de vigilancia en aguas de Puerto Rico, Jamaica y Santo Domingo, entre otras islas, que se prolongó hasta el mes de mayo del año siguiente de 1867.

La Habana.

Ya en junio volvió a La Habana para integrarse, a partir del 24 de junio, en la dotación del vapor Blasco de Garay, que realizaría durante los meses siguientes idéntica misión de control del tráfico marítimo en las aguas puertorriqueñas. Es precisamente durante su destino en este último vapor cuando, autorizado por su comandante a estibarla con los demás botes, el alférez de navío Grimaldi adquiere una pequeña balandra de construcción estadounidense, que utilizó para el reconocimiento y extracción de peces en las cercanías de los distintos fondeaderos del buque.

Vapor Blasco de Garay
En agosto de 1868 ascendió a teniente de navío. Desgraciadamente, muy poco después estalló la revolución el 29 de septiembre de 1868 -La Gloriosa la denominaron sus partidarios- que causó el destronamiento y exilio de Isabel II, y Grimaldi pidió licencia para dejar el servicio activo; licencia que se fue prolongando por muchos años. Cuarenta años más tarde, Alberto I de Mónaco reconocería cómo hoy, que mi carrera de marino se halla adelantada, debo insistir en mi gratitud a mis antiguos maestros españoles, que heredaron de sus mayores el valor, la nobleza y la generosidad, cualidades sin las que es imposible llegar a ser.
El 9 de febrero de 1875 fue promovido a teniente de navío de 1ª clase; el 11 de febrero de 1878 se le concedió una cruz del mérito naval de 2ª clase con distintivo blanco; el 8 de noviembre siguiente se le promovió al empleo de capitán de fragata; el 24 de julio de 1886 recibió la gran cruz de la Orden del Mérito Naval con distintivo blanco; el 11 de marzo de 1896 el Príncipe de Mónaco ascendió a capitán de navío de 1ª clase (encabezando el escalafón de la escala activa, lo que planteó un pequeño problema, pues de hecho podía aspirar a desempeñar cualquier puesto de los disponibles para su empleo); y finalmente, y debido a la regia gracia de Don Alfonso XIII, el Príncipe Alberto I de Mónaco alcanzaría en 1912 el rango de contralmirante honorario de la Armada española.

Proclamación de Alberto I.
Como colofón de este tercer momento de las relaciones de España con Mónaco, he de recordar que cuando Alberto I a bordo de su primer yate oceanográfico, el Hirondelle, entró a reparar en La Carraca en 1878, pidió a Su Majestad el Rey la gracia de que su dotación fuera siempre compuesta por marineros españoles, a lo que accedió el Soberano español por medio de un real orden.
Como queda reflejado en estos significativos párrafos, el cariño a la Armada y sus gratos recuerdos a su servicio, estuvieron siempre presentes en el corazón del Príncipe, y como buena prueba de ello lo certifica el hecho de que siempre que embarcaba en algún buque de guerra español, lo hacía luciendo con orgullo su uniforme de oficial de la Armada.
Luis II (1870-1949), hijo y heredero del españolísimo Príncipe del Mar, fue general de división del Ejército francés durante la I Guerra Mundial, permaneció soltero hasta sus últimos años de vida, y no dejó sucesión legítima. Para evitar la posible anexión a Francia -ya que el heredero inmediato era su sobrino el Duque de Urach, un Wittelsbach, germano y por ende súbdito del odiado Kaiser-, este Príncipe reconoció desde 1911, y legitimó en 1919, a su hija natural Charlotte Louvet, titulada Duquesa de Valentinois (1898-1977), que de su matrimonio con el francés conde Pierre de Polignac (1895-1964), fue madre del futuro Príncipe Rainiero III.
Notemos la secular tradición que se observa en la Casa de Grimaldi en cuanto a la desgraciada vida matrimonial de sus Príncipes: Honorato III se divorció en 1770 de su rica esposa la genovesa María Catalina de Brignole-Sale -que durante los cuarenta y ocho años anteriores venía siendo la amante pública del Príncipe de Condé, con el que al fin se casó-; su hijo Honorato IV se divorció en 1798 de Luisa, Duquesa de Mazarino –que contrajo luego varios matrimonios-. El Príncipe Alberto I, vió fracasar sus dos matrimonios sucesivos, el primero celebrado en 1869 con la británica Mary Victoria Hamilton, y el segundo en 1889 con Marie Alice Heine. Luis II, escarmentado de la experiencia paterna quizá, huyó del matrimonio, aunque tres años antes de su muerte lo contrajo con la actriz Ghislaine Dommanget. Su legitimada heredera, la Duquesa de Valentinois, tampoco fue feliz en su matrimonio con el conde Pierre de Polignac, del que se separó en 1930. De la vida sentimental de sus descendientes contemporáneos nada diremos.

Rainiero III y Grace Kelly, el día de su boda.
El Príncipe Rainiero III (1923-2005) sirvió en el Ejército francés durante la II Guerra Mundial, subió al trono monegasco a la muerte de su abuelo Luis II, en 1949, y supo administrar perfectamente el pequeño Principado, le dotó de una nueva constitución en 1962, y sobre todo su imagen universal, dotándolo de un aura de prestigio, de distinción y de glamour que produjo grandes beneficios. Hizo un famoso matrimonio con la bellísima actriz norteamericana Grace Patricia Kelly (1929-1982), fallecida trágicamente, que le dio tres hijos: Carolina (casada sucesivamente con Philippe Junot, con Stefano Casiraghi, y por fin con el Duque de Hannover); Alberto, Marqués de Baux; y Estefanía (casada también varias veces). Las dos princesas tienen larga prole.
Y entonces llegó el cuarto momento de intensificación de las relaciones hispano-monegascas: fue cuando el Príncipe Rainiero pidió a Doña Victoria Eugenia, la Reina Viuda de España, que aprovechase sus frecuentes estancias en el Rocher para instruir a la norteamericana Princesa Grace en los usos y costumbres de las cortes europeas. Y la Reina accedió a sus deseos, instalándose en la propiedad principesca del Clos Saint-Pierre. Ena de Battenberg cumplió con los ruegos del Príncipe a la perfección, y con mucha paciencia por su parte, y no menor voluntad por parte de su educanda Grace Kelly, logró que esta aprendiese a fondo todos esos arcanos cortesanos, y supiera administrar todo un palacio y una corte, con el buen resultado que todos conocemos. La Reina tomó tal afecto a Grace Kelly, que la llegó a considerar como a una más de sus hijas. Agradecidos los Príncipes de Mónaco a la Reina Viuda de España, en 1958 la hicieron madrina de bautismo de su heredero, el hoy reinante Príncipe Alberto II.

Alberto II.
El 19 de noviembre de 2005 tuvo lugar la solemne proclamación como Príncipe soberano de Alberto II, Príncipe de Mónaco, Duque de Valentinois, Marqués de Baux, Conde de Carladès, Barón de Buis, Señor de Saint-Rémy, Sire de Matignon, Conde de Thorigny, Barón de Saint-Lô, de la Luthumière y de Hambye, Duque de Estouteville, de Mazarin y de Mayenne, Príncipe de Château-Porcien, Conde de Ferrette, de Belfort, de Tahnn y de Rosemont, Barón de Altkirch, Señor de Insenheim, Marqués de Chilly, Conde de Longjumeau, Barón de Massy y Marqués de Guiscard, nacido en Mónaco el 14 de marzo de 1958, ha abierto un nuevo y prometedor periodo en la ya centenaria historia del Rocher sobre el que los Grimaldi reinan desde 1297, aliados sucesivos de Florencia, de Génova, del Papado, de España y de Francia, manteniendo siempre su soberanía e independencia a lo largo de los siglos, de las mudanzas políticas, de las guerras y de las revoluciones.
3 07, 2011

ESPAÑA Y MÓNACO: CUATRO MOMENTOS HISTÓRICOS ( 1ªParte)

Por |2020-11-13T03:47:56+01:00domingo, julio 3, 2011|

Por lo extenso de este magnífico artículo, que nos hizo llegar a la redacción de este blog el Vizconde de Ayala y Marqués de la Floresta,  D. Alfonso de Ceballos, hemos decidido publicarlo en dos partes. La primera de ellas será a la que dediquemos la entrada de hoy, dejando la segunda parte como entrada de mañana día 05 de julio.



ESPAÑA Y MÓNACO: CUATRO MOMENTOS HISTÓRICOS ( 1ªParte).

Por el Dr.Don Alfonso de Ceballos-Escalera y Gila, Vizconde de Ayala y Marqués de la Floresta.(Universidade Técnica de Lisboa).
Con ocasión de las bodas del Príncipe de Mónaco reinante con una hermosa sirena sudafricana, se me ocurre glosar brevemente la historia del Rocher -literalmente, el Roquedal o el Peñasco-, y en particular cuatro momentos en los que ha tenido una especial relación con España. Pues, aunque separados por muchos kilómetros de distancia -millas marinas, si se quiere-, la historia de las relaciones hispano-monegascas es rica en sucesos, unos benéficos y otros no tanto.
El Principado de Mónaco ocupa una estrecha banda sobre la llamada Costa Azul francesa, en la que tienen su asiento algunas de las más famosas poblaciones turísticas internacionales: es -después del Vaticano- el más pequeño de los Estados europeos, ya que su superficie es de 195 hectáreas, de las cuales casi 40 han sido ganadas al mar durante los últimos veinte años, y su anchura que no sobrepasa los 1.050 metros, se reduce en algunos puntos a los 350 metros; la fachada al mar es larga de 4.100 metros. Situado a 18 kilómetros de Niza, y a 12 kilómetros de la frontera italiana, está completamente enclavado, salvo por su costa, en Francia.
Y, sin embargo, su historia no se limita al último siglo y medio, sino que es larga en el tiempo, y también muy agitada.
La región, primitivamente frecuentada por los comerciantes fenicios, y sin duda alguna muy romanizada poco después -por allí pasaba la vía Heracliana-, fue ocupada primero por los bárbaros y luego por los sarracenos, desde el siglo VI al siglo X: Fraxinetum, el famoso nido de piratas sarracenos que asolaban las aguas y poblaciones próximas, subsistió hasta los últimos decenios del siglo X. Como consecuencia de esta amenaza, los numerosos promontorios roqueros que jalonan esta costa movieron a los nobles que la dominaban a levantar en ellos castillos y fortalezas, que devolvieron la tranquilidad a la zona a partir del siglo XI.
Durante el siglo XII, año de 1162, el Emperador Federico I Barbarroja concedió a la República de Génova ciertos derechos sobre toda la costa ligur, que alcanzaba desde Porto Venere hasta el litoral de los alrededores de Niza. En el año de 1191, el Emperador Enrique VI concedió a Génova el Rocher de Mónaco, con su puerto y tierras adyacentes: allí instalaron los genoveses una colonia, construyendo en 1215 un castillo, que vino a ser el puesto fronterizo al oeste de la República.
Una de las primeras familias patricias de Génova era ya entonces la de Grimaldi, cuyos miembros se interesaron desde luego por el excelente puerto de Mónaco, dominado por el pequeño castillo roquero situado sobre el promontorio inmediato -el más tarde celebérrimo Rocher-. Estos Grimaldi traen su ascendencia conocida de un caballero genovés llamado Otone Canella, nacido hacia 1070, cónsul de Génova en 1123, muerto antes de 1143; su hijo menor, Grimaldo Canella (†1184) daría apellido a la dinastía monegasca.

Rainiero I.
En 1270, la guerra civil que padecía Génova enfrentó a los güelfos (partidarios del Papado) y a los gibelinos (partidarios del Imperio). La victoria de estos últimos provocó el exilio de numerosas familias de güelfos, entre ellas la de los Grimaldi. A finales del siglo XIII, el 8 de enero de 1297 para ser exactos, el exiliado Francesco Grimaldi (†1309), justamente apodado Malizia -que era uno de los tataranietos del antes citado Grimaldo Canella-, decidió establecerse permanentemente en Mónaco. Según una constante y antigua tradición, Francesco Grimaldi, a la cabeza de un grupo de güelfos exiliados, logró introducirse en el castillo, todos disfrazados de frailes franciscanos: por esta razón las armas de Mónaco, el conocido losanjeado de plata y gules, se representan sostenidas por dos frailes armados de sendas espadas desnudas.

Armas del Principado de Mónaco.

De esta legendaria y astuta manera los Grimaldi se apoderaron del rocher de Mónaco, hace ya siete siglos, estableciéndose permanentemente en aquel territorio. No obstante, aquel primer intento de señorear Mónaco fracasó luego, porque Malizia perdió la fortaleza en el año de 1301, aunque sus deudos la recuperaron entre 1317 y 1327.

Los descendientes de un primo de aquel primer Francesco Grimaldi -que no dejó prole- se han ido sucediendo hereditariamente en la soberanía de Mónaco. Efectivamente, Carlo Grimaldi (†1363), jefe güelfo, se apoderó de nuevo del Rocher en 1331 -aunque no se tituló Señor de Mónaco hasta 1342-; por cierto que como almirante de Francia atacó Southampton y combatió en Crécy, pero perdió la plaza fuerte de Mónaco, tomada por su paisano el almirante genovés Simone Boccanegra. También adquirió el vecino Señorío de Menton en 1346, y el Señorío de Roquebrune en 1355: con el de Mónaco, estos tres feudos constituirían el territorio del Principado desde 1633 hasta 1861.

Jaime III de Mallorca.
Carlo Grimaldi, Señor de Mónaco, fue el primero de los soberanos monegascos que enlazó sus destinos con las Españas: fue cuando se hizo partidario del destronado Jaime III de Mallorca, al que acompañó a la isla en la fracasada expedición de 1347, mandando la flota napolitana. Entonces recibió del monarca mallorquín los señoríos de Sóller con todo su valle, y de la ciudad fortificada de Alcudia, ambos con título baronal. Y de nuevo volvió el Señor de Mónaco a Mallorca con la expedición de reconquista organizada en 1349, y entonces fue creado Conde de Buñola. La empresa, como es sabido, acabó en desastre, y allí cayó Jaime III combatiendo valerosamente a los invasores aragoneses. Un primer momento de historia común.

Palacio del Principado, construido sobre la fortaleza cuya primera piedra fue puesta en 1215 por los hombres del gibelino genovés Fulco del Casello
Sería su hijo Rainiero II, Señor de Menton (†1407) quien recuperó la villa y el puerto de Mónaco entre 1395 y 1402; pero sólo a partir de 1419 el dominio de los Grimaldi se hizo ya definitivo. Fue este señor feudal el que estableció la norma sucesoria de que, si el Señorío recaía en hembra, ésta debería contraer matrimonio con un pariente Grimaldi, para conservar el linaje: y tal ocurrió cuando su nieta Claudine, Señora de Mónaco y de Menton, hubo de casarse con su lejano primo Lamberto Grimaldi, a finales del siglo XV.
Mientras tanto, los Señores de Mónaco procuraban alcanzar una soberanía independiente. En 1489, los Duques de Saboya, que eran ya entonces señores soberanos naturales de estas tierras mediterráneas, declararon el Señorío monegasco libre de todo deber feudal ; y en 1512 el Rey de Francia reconoció la independencia de Luciano Grimaldi (†1523), que desde aquel mismo momento comenzó a batir moneda propia. El Emperador Carlos V -recordemos que desde la alta Edad Media estos territorios estaban sometidos de iure al Sacro Romano Imperio Germánico- reconoció en 1525 la soberanía de los Grimaldi sobre Mónaco, en la persona de monseñor Augustin Grimaldi, Señor de Mónaco, Menton y Roquebrune, y obispo de Grasse.
Las conveniencias políticas de aquel pequeño señorío feudal, todavía marcadamente italiano, y en especial la amenaza del Rey de Francia -que intentaba la conquista de Italia- movieron a la República de Génova -y también a los Grimaldi monegascos- a aliarse con el otro gran poder europeo de aquel tiempo: el Emperador y Rey de España, perteneciente a la serenísima Casa de Austria. Y es que Mónaco, situado sobre el camino de la expansión francesa en Italia, se ve amenazado por Francisco I de Francia. Dos sucesivos Señores de Mónaco fueron por entonces asesinados por motivos políticos -Juan II Grimaldi en 1505, Luciano Grimaldi en 1523-. Políticamente, apenas sirvió de nada el tratado de alianza suscrito en 1512 con el Rey de Francia, bajo cuya protección se habían puesto los Señores de Mónaco, Roquebrune y Menton, y por el que Francisco I reconocía la independencia monegasca.
Los Grimaldi, amenazados tan directamente por un formidable vecino, hubieron de ponerse forzosamente bajo la protección española, y a tal fin se entablaron negociaciones secretas con el Rey de España, que entonces era Don Carlos I, más conocido universalmente por su título de Carlos Quinto, Emperador del Sacro Imperio Romano Germánico (1500-1558). La Majestad Católica y Cesárea se interesó desde luego en la protección del minúsculo Señorío mediterráneo porque su castillo parecía muy apto para acoger a una guarnición española que estorbase los progresos de los franceses hacia el norte de Italia, es decir hacia el Ducado de Milán -recordemos que el Milanesado era entonces una posesión hispana-, y su puerto era una óptima base de operaciones contra los franceses de Tolón y Marsella.

Carlos I de España y V de Alemanía
El asesinato del Señor de Mónaco en 1523, a manos de un protegido del Rey de Francia, inclinaron a su tío y sucesor, como a la vecina República de Génova, a acercarse a Carlos V. Su primo Leonardo Grimaldi era enviado a la corte imperial para tratar el asunto con la rapidez y la reserva que la supervivencia del Principado requerían.
El 7 de junio de 1524 ambas partes firmaban el Tratado de Burgos, y muy poco más tarde, el 5 de noviembre del mismo año, mejoraban su alianza mediante el Tratado de Tordesillas, mediante el cual Mónaco quedaba bajo la protección de los Reyes de España, y sujeto a una alianza con la Monarquía Universal hispánica, que reconocía la independencia monegasca. Monseñor Augustin Grimaldi, obispo de Grasse y entonces Señor de Mónaco, fue hecho consejero del Emperador, con una pensión de 2.500 escudos de oro anuales, y obtuvo además varias mercedes (facilidades para la compra y el aprovisionamiento de trigo, e indemnizaciones por los bienes que le fueron confiscados en Francia). El Rey de España se comprometió a incluir a Mónaco en todos los tratados que en adelante suscribiese -en especial con Francia-, y durante los siguientes ciento diecisiete años, una importante guarnición militar española protegió el castillo y el puerto de Mónaco -todavía hoy algunas viejas familias monegascas conservan apellidos netamente españoles-. De hecho, varias galeras españolas al mando de Hugo de Moncada ya estaban presentes en el puerto de Mónaco desde mediados de julio de 1524 al menos, para prevenir una agresión francesa, operando luego desde allí contra Tolón y Marsella: y al abrigo del puerto de Mónaco se acogieron tras sufrir un desastre a manos de los franceses, frente a Marsella.

Hugo de Moncada.
Y todavía alcanzó el obispo Señor de Mónaco una señaladísima merced de la Cesárea Majestad: cuando el Emperador se dirigía a Bolonia para ser solemnemente coronado por el Papa, la flota en la que viajaba, comandada por el gran Andrea Doria, hizo escala en el puerto de Mónaco, el 5 de agosto de 1529 -en la misma fecha en la que se firmó el Tratado de Cambray, que aseguraba la paz con Francia-. Y allí en Mónaco desembarcó aquel día el Emperador y Rey, permaneciendo alojado en el castillo de los Grimaldi hasta que el 9 de agosto partió de nuevo hacia Génova, acompañado por el Señor de Mónaco, obispo de Grasse, y por Honorato Grimaldi, niño de siete años que desde 1532 sería el nuevo Señor de Mónaco, Roquebrune y Menton. Un fresco que se exhibe en la fachada de la capilla del castillo de los Príncipes monegascos recuerda este gran acontecimiento, que sin duda debió de ser señaladísimo para los Grimaldi, al darles un inusitado prestigio internacional.
Honorato I de Mónaco (†1581) se batió con sus hombres contra los turcos en 1565, durante el Gran Sitio de Malta; y de nuevo lo hizo en 1571, en la gloriosa jornada de Lepanto -la más alta ocasión que vieron los siglos, en palabras del inmortal Cervantes, que allí se halló también-. Así, durante el siglo XVI y principios del XVII, los Grimaldi fueron fieles vasallos de la Casa de Austria, en su línea de los Reyes de España, y esta fue la razón de que, en 1612, Honorato II asumiera el título de Príncipe soberano, a la manera de los del Sacro Imperio Romano Germánico, con el anejo tratamiento de Alteza Serenísima; enseguida fue reconocido como tal por el Rey de España, su aliado y gran protector. Desde entonces, los Grimaldi dejaron de utilizar oficialmente su apellido dinástico, para usar solamente su título principesco.

Honorato II.
De esta época que podríamos llamar propiamente hispana datan varias alianzas matrimoniales de los Grimaldi con hijas de la alta nobleza italo-hispánica: en 1595, Hércules I casaba con María Landi de Valditaro, hija del Príncipe de Valdetaro y de doña Juana de Aragón, descendiente de los Reyes de Aragón y de Portugal; en 1615, su hija Jeanne Grimaldi se casaba con el Conde Teodoro Trivulzio, vástago de una gran Casa del Milanesado y él mismo destacado político de la Monarquía española; en 1616, el propio Honorato II se casaba con su concuñada la Condesa Hipólita Trivulzio; por fin, en 1641 el heredero Hércules Grimaldi se unía a Aurelia Spínola, hija de los Duques de Molfetta, otra gran Casa de la nobleza genovesa, aliada entonces a España.
Por cierto que del año de 1610 data un curioso episodio, desconocido por la generalidad de los autores y genealogistas: nos referimos a los proyectados enlaces matrimoniales -que deben situarse en el contexto de la política de matrimonios que la Corona española procuraba arreglar entre los titulares de las grandes Casas nobiliarias de sus distintos reinos, estados y señoríos, para fortalecer la unidad de la Monarquía Universal hispánica- del Marqués de la Jamaica, primogénito del IV Duque de Veragua, Grande de España -el descendiente director de Cristóbal Colón, Descubridor del Nuevo Mundo-, con doña María Grimaldi, hermana del Señor de Mónaco -aún no eran príncipes los Grimaldi monegascos-; y el de Honorato II Grimaldi, Señor de Mónaco, con doña Luisa Colón y Portocarrero, hija también del mismo IV Duque de Veragua. Enlaces que se frustraron debido a razones políticas, pero cuyo intento no deja de ser curioso.
2 07, 2011

BRASIL: Protocolo de Naciones Soberanas.

Por |2020-11-13T03:47:56+01:00sábado, julio 2, 2011|

Por Victor A. García Guardia.

Después de unas semanas de interrupción, reanudamos nuestras habituales publicaciones sobre Protocolo de Naciones Soberanas, que tanta aceptación ha tenido entre nuestros seguidores del Blog y que comenzaban a manifestarnos sus inquietudes respecto a la continuidad de la sección. Incluimos unas palabras del autor, el eminente jurista venezolano Victor A. García Guardia, disculpándose por este más que justificado retraso.
Estimados lectores.
Debido a múltiples complicaciones (en particular, de salud en mi núcleo familiar) me fue imposible enviar las entregas de Protocolos de Naciones Soberanas que comenzamos a fines del pasado año. Hoy, cuando finalmente los nubarrones comienzan a disiparse reemprendemos el camino que nos habíamos trazado, esperando poder llevar a buen término esta andadura. Ofrezco mis sinceras disculpas por el retraso, que DEO JUVANTE espero sea el único.
Victor A. Garcia Guardia.
BRASIL.
Sol estilizado de oro de veinte rayos que representa a las 20 provincias que conformaron la república en 1889, tras el derrocamiento de Pedro II. Sobre el sol una estrella republicana cuyos rayos están cortados de oro y sinople, rodeados de ramas de café (a la diestra) y tabaco (a la siniestra), los principales recursos naturales de la nación. Centrada sobre la estrella un círculo de azur con doble reborde de oro; entre ambos bordes, veintisiete estrellas de plata que representan a las provincias actuales, y centrada la Cruz del Sur, indicativo de la ubicación esencialmente austral del país. Una espada vertical de plata con empuñadura de de azur y oro representa la Justicia. Al pie del conjunto, una banda flotante de azur que en letras de oro reza “REPÚBLICA FEDERATIVA DE BRASIL 15 de Noviembre de 1889 (el nombre oficial el país y la fecha de su fundación como República).
Escudo oficialmente adoptado el 19 de noviembre de 1889.
Himno oficialmente adoptado el 1° de septiembre de 1971.
Proporción de la bandera: 7/10.
Sobre un campo de sinople, un diamante de oro dispuesto horizontalmente. Centrado dentro del diamante, de azur, una esfera terrestre con veintisiete (27) estrellas (26 de ellas dispuestas en la misma forma que en la noche del 15 de noviembre de 1889 sobre la ciudad de Río de Janeiro, destacando en el centro la Cruz del Sur), La esfera está dividida por una banda de plata que en letras de sinople reza el lema nacional “ORDEM É PROGRESSO” (“ORDEN Y PROGRESO”). La solitaria estrella situada por encima de la banda de plata representa a la estrella SPICA (la cual alude no solo al hecho que el territorio brasileño se extiende por dos hemisferios – Norte y Sur – sino además a la predicción de equinoccios, de suma importancia para los ciclos agrícolas).
Bandera oficialmente adoptada el 11 de mayo de 1992.
ORDEN NACIONAL DE LA CRUZ DEL SUR.
Se concede a: Ciudadanos o extranjeros, como muestra de gratitud y reconocimiento y a quienes han prestado un servicio importante a Brasil.
Condecoración: Estrella de plata con cinco puntas cola de milano, rematadas en esferas de oro. Al centro un disco de azur con doble reborde de oro. Entre ambos rebordes, el lema en Latín “BENEMERENTIUM PRAEMIUM”, y al centro una representación de la Cruz del Sur.
Grados: Gran Collar, Gran Cruz, Gran Oficial, Comendador,Oficial y Caballero.
Condecoración oficialmente adoptada el 5 de diciembre de 1932 (sustituyó a la Orden Imperial).
Nombre: Dilma Vana Rousseff.
Protocolar: Sra. Presidenta.
Fecha de Nacimiento: 14 de diciembre de 1947.
Lugar de Nacimiento: Belo Horizonte.
Juramentada el 1° de enero de 2011.
Título(s): Presidenta de la República y Comandante en Jefe de las Fuerzas Armadas.
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